Ciarforon: cresta sud-est

Roccia

SCHEDA TECNICA

DISLIVELLO: 1130 m al bivacco; 550 m all'attacco; 460 m alla cima

DURATA: 4/5 ore dall'attacco

DIFFICOLTA': dal II al III+

AGGIORNAMENTO RELAZIONE: settembre 1987

 

Il Ciarforon (m 3642) non è certo una montagna che ha bisogno di presentazioni. La sua parete nord, che domina con il suo caratteristico aspetto la testata della Valsavarenche, è molto nota tra gli alpinisti, soprattutto per due vie che la percorrono: la normale (opportunità ideale per chi vuole provare le prime emozioni su una parete ghiacciata) e la via Chiara che ancora oggi, nonostante le trasformazioni subite da tutte le pareti ghiacciate, costituisce una bella, per quanto breve, salita su un seracco. Ma, come tutte le montagne del gruppo del Gran paradiso che si trovano al confine tra la Valle d'Aosta e il Piemonte (Valle dell'Orco), il Ciarforon presenta una faccia rocciosa, molto meno nota e assolutamente meno frequentata. Si tratta delle pareti S ed E, di roccia cattiva e decisamente poco attraenti, ma comunque percorse da due vie (del celebre Aldo Bonacossa con diversi compagni) destinate a non essere quasi mai percorse. Le due pareti sono separate da una cresta, la cresta sud-est appunto, che, invece, è di roccia solida e presenta un itinerario molto bello per quanto non difficile (III, qualche passaggio di III+). Il piacere di salire questa via non consiste comunque nelle difficoltà dell'arrampicata, ma nella realtà ambientale in cui si è immersi, lontanissimi dal fondovalle rumoroso, nella grande solitudine dei valloni meridionali del gruppo del Gran Paradiso, nell'incontro con stambecchi e camosci, persino nella lunghezza complessiva dell'itinerario, che favorisce un'immersione più profonda nella natura della montagna.

Innanzitutto bisogna salire al Bivacco Ettore e Margherita Giraudo che sorge a m 2630 nell'alto Vallone del Roc (6 posti). Per raggiungerlo si parte dalla frazione Prese (m 1501) di Ceresole Reale; lungo una bella mulattiera (indicazioni) si arriva al Colle Sià (m 2274 - 2h), da cui si gode un'ampia vista sia in direzione della sottostante Valle dell'Orco che del vallone del Roc, dominato dalle rossastre pareti del Ciarforon, della Becca di Monciair, dei Denti del Broglio e della vicina Cima di Courmanon. Ci si inoltra nel vallone, che si percorre lungamente con alcuni saliscendi fino alla bella conca dell'alpe Breuillet (m 2250). Si sale al pianoro superiore e poi a quello dove si trova il piccolo lago della Piatta, a breve distanza dal quale è posto il bivacco (1,15h). L'ambiente circostante ha una sua bellezza particolare, aspra e selvaggia, solitaria e silenziosa; verso sera è facile osservare i movimenti degli stambecchi sulle rocce intorno al bivacco.

Il giorno successivo si segue la mulattiera che conduceva all'antico appostamento di caccia della Torre fino a circa 2800/2900 m; per valloncelli morenici e gande si guadagna la morena sinistra (or.) del piccolo ghiacciaio del Broglio su cui si pone piede per raggiungere alla fine il Colle della Torre (3185 m - 2h). Qui inizia la via. Dopo un tratto facile, ci si trova davanti ad un salto rossastro di una ventina di metri, verticale ma appigliato. Nella sua guida, Giancarlo Grassi lo dà di II ma a me è sembrato (sarà stato il peso dello zaino o l'impaccio del primo mattino) ben più impegnativo. Si arriva quindi ad una grande placca verticale che sbarra la via: spostandosi una ventina di metri a sinistra (versante Broglio) si supera l'ostacolo cercando la via più agevole (noi abbiamo superato un diedro di III) e riportandosi poi a destra sul filo che si segue con bella arrampicata: tratti più facili, su grandi blocchi (II), si alternano a passaggi più difficili (III/III+). Molto bello è il superamento di una torre rosso chiaro caratterizzata a sinistra da una grande placca adagiata nel mezzo della quale si apre una terrazza-nicchia seguita da una fessura molto netta che riporta sul filo. Proseguendo lungo la cresta, si raggiunge una zona di rocce grigie: salire obliquamente verso destra una fascia di placche fessurate che conduce ad uno spigolo secondario che scende dalla vetta. Superare poi un passaggio leggermente strapiombante (III+) un po' a sinistra del filo e proseguire per rocce più facili verso la cima ormai vicinissima. Per raggiungerla occorre spostarsi a destra (versante Ciamosseretto) e superare una paretina ben appigliata ma assai esposta (qualche appiglio mobile), uscendo a pochi metri dall'ometto della vetta (4/5 ore). La cresta ha un dislivello di 460 metri, ma uno sviluppo maggiore. Lungo la via ci sono pochissimi chiodi, quindi occorre portare il materiale (chiodi, oppure nut o friend a seconda delle proprie "filosofie") per l'assicurazione. A proposito delle difficoltà: le guide che ho consultato indicano un solo passaggio di III+ (quello strapiombante dopo le rocce grigie): a noi pare di averne incontrato qualcuno in più. 

La discesa è un po' un'odissea. Bisogna seguire la cresta nord-est in direzione del Colle di Moncorvè (3294 m): dapprima la cresta è costituita da un ripido pendio di neve e ghiaccio (ramponi e piccozza sono necessari) poi da alcuni salti rocciosi non difficili ma lungo i quali occorre cercare il percorso migliore. Poi si aggirano tre spuntoni sul versante Moncorvè e, poco prima di arrivare al colle (1h), si scende una fascia di detriti e si pone piede sul piccolo ghiacciaio di Ciamosseretto; si prosegue la discesa oltre il ghiacciaio fino al canale che sale al Colle della Torre (inutile farsi tentare da scorciatoie per non perdere troppa quota), cui si giunge per detriti e senza difficoltà (1h). Ora non resta che tornare al bivacco (1h) per l'itinerario che si è percorso all'andata e quindi a Ceresole (2h). Ho riportato i tempi delle guide; in realtà noi ci abbiamo messo di più. Eravamo stanchi, è vero, ma l'intero percorso è molto lungo e non sempre evidente. Insomma: bisogna muoversi in un ambiente poco battuto, privo di tracce o di segnalazioni. Il che ha il suo bello, ma anche i suoi inconvenienti.

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Giulio Berutto: IL PARCO NAZIONALE DEL GRAN PARADISO, volume I - Ist. Geografico Centrale, 1979

E.Andreis, R.Chabod, M.C.Santi: GRAN PARADISO - CAI/TCI (Guida dei monti d'Italia), 1980

Gian Carlo Grassi: GRAN PARADISO E VALLI DI LANZO - Zanichelli, 1982

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