Rifugio Pian Cavallone da Cicogna

(Parco Nazionale della Val Grande - Piemonte)

 

Escursionismo

 

SCHEDA TECNICA

DISLIVELLO: 1° giorno: 270 m (discesa), 1080 m (salita); 2° giorno: 1000 m (discesa), 190 m (salita)

DURATA: 1° giorno: 3 ore; 2° giorno: 4,30/5 ore

DIFFICOLTA': EE

AGGIORNAMENTO RELAZIONE: dati tecnici: settembre 2001; dati logistici: giugno 2011

 

"Ultimo paradiso": così Teresio Valsesia chiama la Val Grande nel libro che le ha dedicato e che ha molto contribuito a far conoscere questo angolo delle nostre montagne conosciuto anche come la "zona selvaggia" più vasta d'Italia: un territorio montano in cui la natura, negli ultimi decenni, ha ripreso il suo dominio dopo secoli di sfruttamento da parte dell'uomo. Dal 1992 la zona è diventata un Parco Nazionale. Negli ultimi anni la presenza del Parco si è fatta maggiormente sentire: sono stati istituiti dei sentieri didattici e sono state ristrutturate alcune baite e il vecchio rifugio della Bocchetta di Campo per realizzare bivacchi e punti d'appoggio. Anche la Comunità Montana Val Grande ha fatto la sua parte, segnalando un buon numero di itinerari, alcuni dei quali si trovano all'interno del parco. Fino ad ora il cuore più selvaggio dell'area (la Val Grande vera e propria) ha conservato il suo carattere, ma la direzione del Parco ha in programma la segnalazione di alcuni grandi itinerari che, comunque, non dovrebbero snaturarne la natura (almeno non più di tanto).

Non voglio qui entrare nella discussione su questi interventi; certo il fascino della valle, che ha stregato anche me negli ultimi anni, è nel suo carattere selvaggio e il gusto dell'avventura, della ricerca degli itinerari un tempo battuti e ora inghiottiti dalla vegetazione lussureggiante è ciò che qui si viene a cercare. L'escursione proposta non si svolge nella Val Grande vera e propria, ma in una diramazione laterale della Val Pogallo (la Val Pobbie) che occupa gran parte del settore orientale del Parco. Il percorso collega Cicogna, la "piccola capitale" della Val Grande, al Rifugio Pian Cavallone (CAI, Sez. Verbano) e ritorna a Cicogna. L'itinerario è uno di quelli segnalati di recente dalla Comunità Montana Val Grande e si presenta come una grande escursione ad anello (non è una semplice passeggiata un po' lunga) che permette di prendere contatto con la realtà di queste valli muovendosi abbastanza agevolmente, grazie ai segnavia (che è fondamentale non perdere mai di vista), su un terreno che, specie nella discesa, sarebbe assai difficile percorrere (almeno fino a che non verrà decisa la pulitura del sentiero dalla vegetazione che lo infesta). L'intero percorso può essere affrontato in giornata (7/8 ore), oppure diviso in due giorni, fermandosi a pernottare presso l'accogliente rifugio Pian Cavallone.

Da Cicogna (m 732) si imbocca, all'altezza delle prime case del paese, la larga mulattiera per Pogallo (cartelli indicatori); la si abbandona quasi subito, davanti ad una casa ristrutturata (cartello indicatore), abbassandosi a destra lungo un buon sentiero che scende al torrente. Attraversato il ponte (Ponte di Buia, m 463), si prosegue a sinistra lungo la valle, poi si sale a destra una sorta di largo canale dalle sponde rocciose nel bosco di castagni. A quota 560 m circa il sentiero esce dal canale verso sinistra, raggiunge una prima baita (585 m c.a) e, più in alto, arriva alle case di Premiago (m 695). Poi l'itinerario attraversa a sinistra, supera un torrentello, e prosegue toccando ancora alcune baite. In questo tratto la vegetazione (erba alta, arbusti, felci) assedia molto da vicino il sentiero: non lo rende invisibile ma rende meno agevole la camminata. Un ultimo tratto in ripida salita conduce al dosso dove sorgono, in mezzo a quello che un tempo era un pascolo (oggi ci sono rovi, felci ed erba altissima), le case di Varola (m 921 - ore 1,30). Conviene fermarsi un attimo, girare tra le case, immaginare la vita di un tempo. Qui si trovano anche i resti (una grossa ruota di ferro su un basamento di cemento armato) della stazione di cambio della teleferica che portava il legname fuori dalla Val Pogallo (il taglio del bosco è stata, insieme alla pastorizia, l'attività prevalente su queste montagne). Attraversate le case si sale su terreno ripido fino al bosco di faggi che si risale fino all'alpeggio abbandonato di Curgei (m 1335). Sotto i faggi il sottobosco non cresce, il sentiero è ben evidente e si procede bene. Da Curgei, attraversato il prato verso sinistra, si rientra nella faggeta e, con un lungo traverso, si raggiunge la Colma (m 1410), sul largo dosso erboso che conduce al Pian Cavallone. Ora il sentiero si fa largo (alla Colma giunge anche il frequentato sentiero che proviene da Miazzina e dalla Cappella Fina) e, superata una breve salita, giunge ai resti dell'Albergo Pian Cavallone. Anche qui ci imbattiamo in un pezzo di storia della Val Grande: l'albergo fu distrutto dai nazifascisti durante la vasta operazione contro i partigiani che operavano nella valle (giugno 1944). Oltrepassati i ruderi si arriva, con percorso pianeggiante, alla Cappella del Pian Cavallone (m 1544); a destra, in cinque minuti, si scende al rifugio (m 1528), posto in bella posizione panoramica, aperta verso il Lago Maggiore (ore 1,30).

Tornati alla Cappella si prende a destra (cartelli indicatori) il sentiero che conduce al colle della Forcola (m 1518). Il percorso che scende a Cicogna dovrebbe staccarsi da questo sentiero duecento metri dopo la Cappella per abbassarsi ai ruderi dell'alpe La Pascola. Noi non abbiamo trovato (settembre 2001) né un cartello né un segnavia né una traccia evidente. Comunque non ci sono grossi problemi: si può arrivare al Colle della Forcola (attenzione in un paio di punti attrezzati con catene) e poi scendere direttamente, su terreno ripido ma facile (e con la solita erba altissima), ai ruderi dell'alpe La Pascola (m 1387). Da qui la traccia è più evidente e i segnavia bianco/rossi si trovano abbastanza facilmente. Non bisogna però farsi troppe illusioni: in estate l'erba alta, le felci e in qualche tratto anche ontanelli, ginestre e rovi, rendono il procedere quantomeno faticoso. Talvolta nascondono i segni e bisogna arrangiarsi a cercarli per rimettersi sulla pista giusta. Dall'alpe La Pascola all'alpe La Soliva l'itinerario corre quasi pianeggiante (si perdono cento metri in un chilometro e mezzo di cammino); nell'attraversamento di due valloncelli si incontra anche qualche passaggio roccioso non difficile ma che richiede comunque attenzione. Si giunge quindi alle baite diroccate dell'alpe La Soliva (m 1290 - ore 1,30/2,00) posta sul crestone che scende dalla Cima Cugnacorta segnando il lato sinistro orografico della incassata e selvaggia Val Marona. Anche questo alpeggio induce a qualche riflessione sulla vita che in queste montagne si conduceva fino a pochi decenni fa: il fondovalle è lontano, il terreno è ripido, ma la "fame d'erba" spingeva gli alpigiani a sfruttare al meglio ogni luogo della valle (che offre comunque esempi ben più "radicali" di quest'alpe: penso ad esempio all'alpe Curtet, sopra Premosello, per raggiungere la quale si deve percorrere una cengia esposta e superare su un'ardita scala di pietra a secco uno sperone roccioso). Ora il sentiero entra in una faggeta: si scende un poco lungo il dosso poi si piega a destra e ci si abbassa su terreno ripido fino al fondo della Val Marona, raggiungendolo a quota 950 m circa. Si traversa il torrente, qui spesso asciutto, e si scende lungo la sponda destra orografica perdendo 100/120 metri di quota. Quindi (in un punto dove il letto del torrente è caratterizzato da grossi macigni) si ripassa sulla sponda sinistra (or.) e infine si riattraversa il torrente (qui l'acqua dovrebbe esserci sempre) raggiungendone di nuovo la sponda destra (or.) in prossimità di un baitello addossato alla parete rocciosa (m 800 circa). Questo tratto è particolarmente suggestivo: il torrente corre incassato tra quinte rocciose oltre le quali il bosco sale ripidissimo lungo gli opposti versanti della valle. Dal baitello una breve risalita porta alle case ormai imboscate e diroccate di Teggia (m 818 - ore 1,20); il sentiero scende quindi a Tregugno (un agglomerato di baite abbandonate da tempo) e, più ripidamente, al ponte sul rio Pogallo (m 540). Il paesaggio è anche qui di rude bellezza, specie a valle del ponte. Ora bisogna risalire fino a Vircolla, dove passa l'ampia mulattiera che proviene da Pogallo. Lungo questa, in leggera salita, si torna a Cicogna (ore 1,30).

NOTA. Il Rifugio Piancavallone è attualmente (2011) gestito dalla Cooperativa La Coccinella di Verbania, cui ci si può rivolgere per informazioni (www.lacoccinella.vb.it/piancavallone.html).

 

BIBLIOGRAFIA:

Questo itinerario non è descritto, nella sua completezza, in alcuna guida, ma è rappresentato sulla CARTA TURISTICO-ESCURSIONISTICA della Comunità Montana Valgrande (2000). Si tratta di una carta che contiene, purtroppo, molte imprecisioni; comunque questo percorso è segnato in modo corretto. 

Recentemente (maggio 2002) è stata pubblicata una nuova carta del PARCO NAZIONALE DELLA VAL GRANDE (Danilo Zanetti Editore): è un'ottima cartina 1:30.000, assolutamente preferibile alla precedente. L'itinerario descritto vi è rappresentato con precisione.

La prima parte dell'itinerario, da Cicogna al Pian Cavallone, è descritta invece in due opere molto utili per conoscere la Val Grande, il suo ambiente, la sua storia e i suoi itinerari:

Teresio Valsesia: VAL GRANDE, ULTIMO PARADISO - Alberti Editore, 1985

Paolo Crosa Lenz: VAL GRANDE, ESCURSIONI, STORIA NATURA - Editore Grossi, 1996

 

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