Pizzo del Diavolo di Tenda

(Cresta Sud-Sud-Ovest - Via Baroni)

 

Roccia

 

SCHEDA TECNICA

DISLIVELLO: 800 m al rifugio; 650 m dal rifugio all'attacco; 250 m la cresta

DURATA: 2,15 ore al rifugio; 2,15 all'attacco; 2,00/2,15 ore la cresta; 3,45 ore la discesa

DIFFICOLTA': II e III

AGGIORNAMENTO RELAZIONE: settembre 2013

 

L’anno scorso (settembre 2012), durante la traversata dal Diavolino al Pizzo del Diavolo, nelle Alpi Orobie, avevamo osservato il bel profilo della cresta Sud-Sud-Ovest del Pizzo Diavolo lungo la quale salivano alcuni alpinisti che poi incontrammo in cima. Quella cresta fu probabilmente percorsa per la prima volta dalla celebre guida Antonio Baroni (1833-1912) negli anni antecedenti al 1897 e oggi è nota come “via Baroni”. Ci eravamo poi informati, scoprendo che era una salita bella e non difficile (II e III); così l’avevamo messa in programma e quest’anno l’abbiamo salita nei primissimi giorno d’autunno, in una bella giornata fresca e soleggiata anche se non molto limpida (purtroppo).

 

La salita è bella e raccomandabile, specialmente per chi ama le ascensioni in ambiente aperto e si diverte anche arrampicando sulle basse difficoltà. Come ho già detto, infatti, a parte alcuni tratti di III, la via presenta difficoltà prevalenti di II grado. Il filo della cresta è spesso aereo e l’esposizione non manca, anche se non è mai eccessiva. Qualcuno sale slegato, altri legati ma prevalentemente di conserva. Noi ci siamo legati e, a parte il tratto finale, decisamente più facile, siamo saliti facendo quasi sempre le sicurezze. La roccia è buona (anche se la presenza di qualche appiglio o appoggio mobile richiede sempre attenzione) ma, come spesso accade nelle Orobie, c’è anche parecchio detrito: tuttavia basta stare solo un po’ attenti a dove si mettono mani e piedi e a dove passa la corda. Materiale necessario: corda (noi ne abbiamo usata una corta da 35 metri), anelli di fettuccia o cordino (utili per le assicurazioni), qualche rinvio ed eventualmente alcuni nut o friend medio-piccoli. Lungo la via ci sono alcuni vecchi chiodi (noi però ne abbiamo trovati solo due). Il percorso della cresta non è obbligato: stando alla relazione della redazione di “on-ice.it” anche il “passaggio-chiave” può essere evitato stando sulla destra (ma, a mio parere, non ne vale affatto la pena).

 

Molti effettuano la salita partendo direttamente da Carona e affrontando un dislivello complessivo di 1800 metri circa. Se si preferisce, come abbiamo fatto noi, dividere la gita in due giorni il punto di appoggio è costituito dal bel rifugio Fratelli Calvi (2015 m), del CAI Bergamo (tel. 0345.77047).

 

ACCESSO STRADALE. Da Bergamo si risale la Val Brembana fino a Carona (1129 m). Seguendo le indicazioni per i Rifugi Calvi e Longo, si sale lungo via Locatelli e poi lungo via Carisole fino al tornante a quota 1220 m c.a (ormai fuori dal paese verso Nord-Est), presso cui è possibile parcheggiare l’auto. Entrati in Carona, si può anche proseguire diritti e parcheggiare in fondo al lago. Seguendo via Pagliari si raggiunge la stradina sterrata che inizia al tornante di cui sopra (in questo caso, calcolare circa 10 minuti in più).

 

ITINERARIO. Dal tornante a 1220 m c.a si imbocca la stradina che sale verso i rifugi Calvi e Longo e la si segue con percorso un po’ monotono fino al Lago del Prato (1654 m). Qui la stradina si divide: a sinistra sale la deviazione per il Rifugio Longo, verso destra prosegue il percorso principale che raggiunge la diga del Lago di Fregabolgia da cui si sale al Rifugio Calvi. Dal Lago del Prato è però possibile seguire un altro percorso: appena passato il ponte sul Fiume Brembo, dall’ampia curva destrorsa della stradina sterrata parte sulla sinistra (cartello indicatore) il sentiero n. 208 che risale verso Est la valle del Brembo. Si segue questo sentiero, in alcuni tratti un po’ stretto, tenendosi sul ripido e boscoso versante sinistro idrografico della valle (segnavia bianco-rossi). Poco prima di arrivare alla baita Armentarga si incontra un bivio segnalato: si sale a destra e si raggiungono le Baite della Mersa (1896 m). Da qui, proseguendo brevemente verso Sud, si incrocia una stradina sterrata: la si può seguire sia a destra che a sinistra. Se si va a destra si raggiunge in breve la sterrata che porta alla diga di Fregabolgia. Se si va a sinistra (consigliato) si raggiunge il Lago di Fregabolgia a circa metà della sua lunghezza: ci si ricongiunge al tracciato che proviene dalla diga e, andando verso sinistra, si raggiunge l’ormai vicino Rifugio Fratelli Calvi (2015 m; ore 2,15 dal tornante 1220 m c.a; se dal Lago del Prato si prosegue lungo la sterrata che sale alla diga di Fregabolgia il tempo è il medesimo, almeno stando ai cartelli indicatori). Il rifugio può essere raggiunto anche seguendo il cosiddetto “sentiero estivo”, che si stacca da quello descritto poco dopo la partenza. E’ un po’ più lungo (ore 2,30), ma più vario e interessante. Per questo si può vedere la relazione della traversata Diavolino-Pizzo del Diavolo.

 

Dal rifugio si prende il sentiero n. 225 che porta al Rifugio Brunone e ci si abbassa sulla sponda occidentale del Lago Rotondo (1972 m) che si costeggia in senso orario fino a una piccola chiusa dopo la quale si sale a sinistra sul dosso che chiude il lago a settentrione; ci si abbassa quindi verso Nord e poi verso Est-Nord-Est nella valle percorsa dal Fiume Brembo. Si arriva così alla Baita del Poris (1950 m c.a) e, poco più avanti, si supera un primo guado [questo guado e i due successivi, in condizioni normali, non presentano difficoltà o problemi]. Si incontra quindi un bivio: a sinistra si stacca il sentiero n. 246 che porta al Rifugio Fratelli Longo; si prosegue sul sentiero n. 225 e più avanti, dopo aver guadato il Brembo (2240 m c.a), si prende a risalire l'opposto versante della valle. Più in alto, superato un terzo guado, si raggiunge la suggestiva valletta sotto il Passo di Valsecca, dominata dalle vicine pareti del Pizzo del Diavolo, del Diavolino e del Pizzo Poris. All'inizio della valletta si incontra un trivio (2310 m c.a): a sinistra (Ovest) si stacca il sentiero n. 248 che porta al Rifugio Fratelli Longo; verso Nord sale l'itinerario della via normale del Pizzo del Diavolo; a destra (Est) prosegue il sentiero n. 225 che raggiunge il Passo di Valsecca (2496 m). Si segue il sentiero della via normale del Pizzo del Diavolo (segnavia: un triangolo rosso in campo bianco) che, dopo aver traversato il piano passando accanto a un grosso ometto, risale il pendio erboso con diversi tornanti. Giunti al sommo del pendio (2475 m c.a), si lascia il sentiero e si piega a destra: seguendo un dosso di erba e detriti (tracce di passaggio più evidenti man mano si sale) si arriva alla base della cresta Sud-Sud-Ovest del Pizzo del Diavolo. Spostandosi a sinistra si raggiunge il punto in cui, nel settembre del 2012, il CAI Bergamo ha posto una targa in memoria della guida Antonio Baroni. L’attacco della via è una decina di metri a sinistra e più in alto della targa, in corrispondenza di un corto canale di rocce più chiare (2665 m c.a; ore 2,15 dal Rifugio Calvi).

 

Si attacca il canale e lo si risale fino a raggiungere il filo della cresta (30/40 metri a seconda del punto in cui si esce in cresta). Noi ci siamo tenuti un po’ a destra del fondo del canale, su roccia buona e articolata (III), e siamo arrivati sul filo con un tiro di 30 metri. Nel canale dovrebbe esserci un chiodo, che però non abbiamo visto (ci siamo protetti con un nut e con un anello di fettuccia). Seguendo il filo (II), si arriva alla base di un notevole salto verticale della cresta. Si supera un corto passaggio verticale (III; attenzione a un appoggio mobile proprio alla partenza), si traversa a destra e si entra in una sorta di diedro-rampa che porta al terrazzino da cui parte, sulla destra, il camino che costituisce il “passaggio chiave” della via. Dall’uscita del canale iniziale, ci si può anche tenere sul versante meridionale della cresta proseguendo per sfasciumi e roccette: raggiunto il diedro-rampa, lo si sale fino alla base del camino. Si supera il camino alto una decina di metri (III; c’è un vecchio chiodo a metà e, poco sopra, un ottimo spuntone), facendo sosta poco sopra (chiodo). Ora si traversa a destra per 10/12 metri, quindi si risale in cresta (passaggi di III un po’ esposti; attenzione al detrito), arrivando a un intaglio sopra il suo tratto più ripido. Da qui si prosegue seguendo più o meno fedelmente il filo della cresta: all’inizio c’è ancora qualche passo di III, poi le difficoltà decrescono (II) e alla fine si raggiunge molto facilmente la cima (2914 m; ore 2,00/2,15 dall’attacco).           

 

DISCESA. Dalla cima si segue la cresta Nord (facile ma esposta) fino a circa 2860 m; da qui si piega a sinistra (Ovest), scendendo un pendio di roccette (passi di I) a sinistra del filo della cresta Nord-Ovest della montagna. Il percorso è abbondantemente segnalato (un triangolo rosso in campo bianco) e conduce nei pressi della Bocchetta di Podavit (2604 m) che non si raggiunge in quanto rimane un po’ più alta a destra, sul filo della cresta. Ci si abbassa verso Sud (sentiero evidente) e, seguendo i segnavia, si raggiunge il sentiero percorso in salita. Si torna così al Rifugio Calvi (ore 2,00 dalla cima) e si rientra a Carona (ore 1,45 fino al tornante a quota 1220 m c.a).

 

NOTA. Il canale iniziale può anche essere evitato: si continua a salire verso sinistra su terreno detritico e poi, volgendo a destra, si raggiunge la cresta al di sopra del primo salto.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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