Via delle Bocchette

Dal Passo del Grosté a Sant'Antonio di Mavignola in cinque tappe

(Dolomiti di Brenta - Trentino Alto Adige)

Escursionismo

 

INTRODUZIONE (con un po’ di storia)

 

Via delle Bocchette (Dolomiti di Brenta), la “via” più bella del mondo: così, con un po’ di comprensibile orgoglio, la definisce la SAT (Società degli Alpinisti Tridentini) in una sua pubblicazione. Le fa eco la rivista Meridiani Montagne (n. 2/2003), che presenta l’itinerario come «un unicum vero e proprio al mondo». Una magnifica escursione immersa nell’incomparabile ambiente delle Dolomiti, una traversata straordinaria su cenge talvolta espostissime ma sempre attrezzate (cavo metallico), intervallate da terrazzi, crestine, paretine da salire o scendere grazie a pioli o scale: così, senza poter fare troppi confronti, la definirei io introducendo questa presentazione.

 

La Via delle Bocchette non è una ferrata come le altre. Non ha nulla a che vedere con le moderne ferrate “alla francese”, costruite a scopo puramente “sportivo” per offrire un’occasione di svago “estremo”, secondo una tendenza ormai affermatasi da tempo; ma è diversa anche da quelle classiche, che raggiungono le cime delle montagne. Sin dalle sue origini, la Via delle Bocchette è stata pensata diversamente.

 

A idearla, nel 1932, furono Giovanni Strobele, che era il segretario della SAT, e Arturo Castelli, gestore del Rifugio Pedrotti. L’idea era quella di realizzare un sentiero che, rimanendo in quota e sfruttando le cenge naturali caratteristiche di queste montagne, collegasse i rifugi del Brenta e permettesse la traversata del magnifico gruppo dolomitico.

 

Un concetto era ben chiaro sin da allora: il sentiero attrezzato non doveva raggiungere le cime (anche se in alcuni casi ha finito per facilitare l’avvicinamento alle vie che le raggiungono), ma consentire anche agli escursionisti di entrare nello straordinario mondo del verticale che altrimenti sarebbe stato loro precluso.

 

Il progetto non era facile da realizzare. Le cenge naturali c’erano e si potevano certamente sfruttare, ma in alcuni casi occorreva allargarle oppure eliminare i tratti ostruiti e superare le interruzioni. All’inizio il lavoro era fatto tutto a mano, poi si utilizzarono il compressore (che però bisognava portare fin lassù) e anche l’esplosivo. Occorreva ancorare alla roccia centinaia di metri di corda metallica per garantire la sicurezza e sistemare gradini o scale di ferro per superare i tratti di parete (spesso assolutamente verticali) tra una cengia e l’altra. Il problema del finanziamento fu risolto grazie anche al contributo di benefattori privati (a diversi dei quali sono state dedicate alcune sezioni dell’itinerario).

 

Per portare materialmente a termine l’impresa furono coinvolti in molti: guide alpine locali, alpinisti, amici e appassionati della montagna. Nella prima fase, che coincise con la realizzazione delle Bocchette Centrali, si distinsero in particolare Bruno Detassis, Rizzieri Costazza, Enrico Giordani (guide alpine) e Celestino Donini (che poi gestirà per decenni il Rifugio Pedrotti), che dedicò il maggior numero di ore al faticoso lavoro di sbancamento della roccia e di allargamento delle cenge (nel romanzo Le mani dure, Rolly Marchi racconta che per gli abitanti di Molveno Celestino Donini «era l’uomo più forte del Trentino, forse il più forte d’Italia»).

 

Le Bocchette Centrali (tra la Bocca di Brenta e la Bocca degli Armi) furono realizzate nell’arco di vent’anni tra il 1937 e il 1957 (in mezzo ci furono i difficili anni della guerra); nel 1969 fu la volta delle Bocchette Alte (tra la Bocca degli Armi e la Bocca di Tuckett), promosse in particolare dai fratelli Detassis (Bruno, Catullo e Giordano) e portate a termine con il contributo di molti volontari tra cui vale la pena ricordare l’alpinista Pietro Vidi. Il percorso delle Bocchette fu infine completato con il sentiero Benini (tra la Bocca di Tuckett e il Passo del Grosté): esso fu ideato da Rodolfo Benini (che lo dedicò al padre Alfredo) e Carlo Zanini, che lo realizzarono in forma privata tra il 1970 e il 1972 con il contributo di amici, alpinisti e guide alpine (subito dopo l’inaugurazione il sentiero fu comunque ceduto alla SAT).

 

A Sud della Bocca di Brenta e della Cima Tosa era già stato realizzato nel 1933 il Sentiero dell’Ideale (chiamato così perché passa immediatamente a Nord dell’omonima Punta) per collegare con un percorso diretto e in quota il Rifugio Pedrotti e il Rifugio Garbari ai XII Apostoli. Subito dopo la guerra, nel 1946, veniva inaugurata la Ferrata Ettore Castiglioni, che mette in comunicazione il Rifugio Agostini con il Rifugio Garbari passando dalla Bocchetta dei Due Denti. Infine, nel 1950, veniva attrezzato il Sentiero Brentari, che sostituiva in parte il tracciato del Sentiero dell’Ideale nel tratto fra la Vedretta d’Ambiez e il Rifugio Pedrotti. Anche se non compresi nel progetto originale della Via delle Bocchette, questi itinerari ne costituiscono un completamento, permettendo di visitare una parte del settore meridionale del Gruppo di Brenta lungo percorsi che hanno le medesime caratteristiche tecniche della Via delle Bocchette.

 

Rimane qualcosa da dire della zona settentrionale del Brenta, a Nord del Passo del Grosté, dove si trovano montagne meno prestigiose di quelle del gruppo centrale, ma che hanno il grande fascino degli ambienti selvaggi e solitari. Qui, tra i 1972 e il 1973, sono stati realizzati il Sentiero Vidi (tra il Passo del Grosté e il Rifugio Graffer) e l’impegnativo Sentiero Costanzi, lungo ben 19 km, che, staccandosi dal Sentiero Vidi,  attraversa tutta la catena settentrionale del gruppo e raggiunge il Rifugio Peller. Attualmente questo sentiero è ancora chiuso nel tratto che va dal Bivacco Bonvecchio al Passo di Pra Castron. La SAT, che ne cura la manutenzione, conta di riaprirlo, risorse permettendo, entro il 2017 (nel 2014 è stato rimesso a nuovo il tratto dalla Bocchetta Tre Sassi al Bivacco Bonvecchio). Tuttavia, anche quando i lavori di sistemazione saranno terminati, il Sentiero Costanzi non sarà attrezzato come la Via delle Bocchette e continuerà a rimanere un “sentiero alpinistico”, con molti tratti esposti e/o privi di attrezzature anche per via della natura del terreno (informazioni gentilmente fornite da Tarcisio Deflorian, Presidente della Commissione Sentieri della SAT). Rimarrà dunque uno straordinario percorso, ma destinato a escursionisti in grado di affrontare situazioni ben più impegnative di quelle che si incontrano lungo la Via delle Bocchette.

 

 

L’ITINERARIO

 

In queste pagine del sito propongo il percorso della Via delle Bocchette in cinque tappe (compresa quella di ritorno a valle) e nel senso Nord-Sud, dal Passo del Grosté al Rifugio Garbari ai XII Apostoli. In un primo momento io e Roberto avevamo pensato di partire da Sud, poi abbiamo cambiato idea e abbiamo iniziato la traversata dal Passo del Grosté. Perché? I motivi sono diversi. Uno è che tutte le relazioni che avevo consultato presentano le diverse sezioni dell’itinerario (tranne quella delle Bocchette Centrali) descrivendole da Nord a Sud. Un altro è la comodità dell’avvicinamento offerto dalla cabinovia del Grosté, che porta subito in quota. Un altro, infine, è che all’inizio avevamo pensato di salire la Ferrata Castiglioni, cosa che è più logica arrivando da Nord, altrimenti la si deve percorrere in discesa (poi in realtà, seguendo il suggerimento di Franco Nicolini, guida alpina e gestore del Rifugio Pedrotti, abbiamo percorso i sentieri Brentari e dell’Ideale). In questo senso, quindi, descriverò il percorso (che ovviamente può essere seguito senza alcun problema anche nella direzione contraria).

 

Una cosa che temevo, dopo le esperienze in altri settori delle Dolomiti, era quella di imbattermi in troppa gente, anche perché sia Gino Buscaini nella prefazione alla guida del CAI/TCI sia Stefano Ardito nel suo articolo su Meridiani montagne (n. 2/2003) parlano di rischio affollamento. Altre fonti parlano esplicitamente di «un affollamento che a volte – soprattutto in agosto – può risultare davvero eccessivo» (Meridiani Montagne, n. 63/2013). Invece non l’abbiamo incontrato. Forse perché non era agosto (ma era l’ultima settima di luglio). Forse è dipeso dal fatto che partivamo dai rifugi abbastanza presto (tra le 7 e le 7,30). Forse questo angolo delle Dolomiti è un po’ meno frequentato di altri. C’è molta gente, ovviamente (alla sera i rifugi – tranne il Rifugio Garbari –  erano sempre strapieni), ma non abbiamo mai “fatto la coda” in prossimità di una scaletta o di un tratto più impegnativo. Forse è stato solo un caso, un colpo di fortuna, ma a noi è andata così.

 

Un’ultima notazione: da dove viene il nome di questo bellissimo itinerario? Deriva dalla toponomastica locale, nella quale i termini “bocca” e “bocchetta” indicano i valichi e le forcelle che si trovano tra una cima e l’altra. L’itinerario ne attraversa alcune, altre le tocca senza valicarle, ad altre passa soltanto vicino. Forse, dunque, non poteva che chiamarsi così: “Via delle Bocchette”.

 

Dopo queste premesse, ecco la sintesi dell’itinerario diviso per tappe:

 

PRIMA TAPPA: dal Passo del Grosté al Rifugio Tuckett per il Sentiero Benini

Dislivello (comprensivo dei diversi saliscendi): 600 m c.a

Durata: ore 4,00/4,30

Difficoltà: EEA. Tappa non particolarmente impegnativa in quanto si svolge prevalentemente su cenge non difficili e attrezzate nei punti esposti. Solo la discesa verso la Bocca di Tuckett presenta tratti verticali, ma ben attrezzati (scalette metalliche)

 

Seconda tappa: dal Rifugio Tuckett al Rifugio Alimonta per le Bocchette Alte

Dislivello (comprensivo dei diversi saliscendi): 1000 m c.a

Durata: ore 5,30/6,00

Difficoltà: EEA. Per lunghezza e dislivello è la tappa più impegnativa della traversata. Tecnicamente non è però diversa dalle altre: i tratti verticali sono attrezzati con scalette metalliche e le cenge sono rese sicure dalla presenza del cavo metallico nei punti esposti. I passaggi attrezzati sono però più lunghi e più frequenti rispetto alla prima tappa.

 

Terza tappa: dal Rifugio Alimonta al Rifugio Pedrotti per le Bocchette Centrali

Dislivello (comprensivo dei diversi saliscendi): 300 m c.a

Durata: ore 3,00/3,30

Difficoltà: EEA. Lo sviluppo e il dislivello limitati fanno di questa tappa la meno impegnativa dal punto di vista fisico della traversata. Dal punto di vista tecnico le difficoltà non cambiano: i tratti molto esposti sono assai frequenti, ma sono sempre ben attrezzati. Non mancano tuttavia tratti privi di attrezzature, come la lunga cengia che traversa la parete Ovest della Brenta Alta che richiede la dovuta attenzione.

 

Quarta tappa: dal Rifugio Pedrotti al Rifugio Garbari ai XII Apostoli per i sentieri Brentari e dell’Ideale

Dislivello (comprensivo dei diversi saliscendi): 600 m c.a

Durata: ore 5,00/5,30

Difficoltà: EEA. Questa tappa ha caratteristiche in parte diverse dalle altre. La parte attrezzata è più breve e si limita alla traversata dalla Sella alla Bocca della Tosa e poi allo scavalcamento della Bocca d'Ambiez (più la brevissima risalita alla Bocca dei Camosci). Ci sono lunghi tratti di sentiero su terreno detritico non difficile e, soprattutto, si devono attraversare due vedrette (quella d'Ambiez e quella dei Camosci) lungo le quali i ramponi saranno senz'altro utili, specie in caso di neve dura o di di ghiaccio.

 

Quinta tappa: dal Rifugio Garbari ai XII Apostoli a Sant’Antonio di Mavignola

Dislivello: 1330 m circa (tutti in discesa)

Durata: ore 4,00

Difficoltà: E. La lunga discesa descritta nella relazione segue un buon sentiero segnalato e poi anche delle stradine sterrate. Nella prima parte, prima di arrivare al Piano di Nardis, si trovano alcuni tratti resi più sicuri dalla presenza di un cavo metallico.

 

La relazione è aggiornata al mese di luglio 2015. Cliccare sui nomi per accedere alle singole tappe:

PRIMA TAPPA

SECONDA TAPPA 

TERZA TAPPA  

QUARTA TAPPA 

QUINTA TAPPA

 

Difficoltà e attrezzatura. I sentieri che costituiscono la Via delle Bocchette sono delle vie ferrate che si svolgono in alta montagna (non considerando i collegamenti con i rifugi, ci si muove sempre tra i 2600 e i 3000 metri). L’abbigliamento deve quindi essere adeguato; lo stesso vale per l’attrezzatura: scarponi da escursionismo robusti, casco, imbragatura, set da ferrata, guanti da ferrata. La presenza di piccoli ghiacciai rende vivamente consigliabile portare con sé i ramponi e magari, specialmente all’inizio di stagione, anche la piccozza (per la possibilità di trovare neve nei canali da attraversare). Come ferrate non sono a mio parere particolarmente difficili in quanto i tratti verticali sono attrezzati con scalette e un robusto cavo di sicurezza è presente in tutti i tratti esposti (alcuni decisamente espostissimi). Ci sono però anche tratti privi di attrezzature: sono facili, ma richiedono passo fermo, grande attenzione e assenza di vertigini. Come su ogni ferrata è molto pericoloso farsi cogliere da un temporale: tenere dunque sempre conto delle condizioni meteorologiche prima di mettersi in cammino. Infine: si tenga presente che i gestori dei rifugi sono una fonte preziosissima per avere informazioni precise e aggiornate sulla condizione dei percorsi. Una telefonata prima di programmare la traversata sarà quindi utile e non solo per prenotare il posto (cosa pressoché necessaria durante la stagione estiva).

 

ACCESSO STRADALE. La stazione di partenza della cabinovia per il Passo del Grosté si trova poche centinaia di metri a Sud del Passo Carlo Magno, sulla strada che scende a Madonna di Campiglio. Provenendo da Nord, dalla Val di Sole, si lascia la Strada statale 42 presso Dimaro e si raggiunge il passo lungo la Strada statale 239: poco oltre il valico, sulla sinistra, si incontra l'impianto di risalita. Se si proviene da Sud (Strada statale 239), oltrepassata Madonna di Campiglio la cabinovia si incontra sulla destra poco prima di arrivare al Passo. Per gli orari di apertura si può consultare il sito internet (funiviecampiglio.it) oppure telefonare (0465.447744). La macchina si può lasciare anche per più giorni nel parcheggio presso la cabinovia, magari in quello coperto. Per informazioni ci si può rivolgere direttamente al gestore del parcheggio (339.6289900).

 

BIBLIOGRAFIA E CARTOGRAFIA. Le guide escursionistiche più ampie e complete delle Dolomiti di Brenta sono ormai tutte attualmente fuori commercio (si possono trovare nelle biblioteche che le possiedono). Ne indico comunque i titoli:

Luca Visentini, Dolomiti di Brenta. Escursionismo e vie normali di salita alle principali cime, Athesia, 1988

Enzo Gardumi, Fabrizio Torchio, Dolomiti di Brenta, Panorama, 1999

Luigi Faggiani, Le Dolomiti di Brenta. Bivacchi, rifugi, escursioni e la traversata integrale del gruppo, Arca, 2003

Sono invece reperibili come arretrati i due numeri che la rivista Meridiani Montagne ha dedicato alle Dolomiti di Brenta: si tratta del n. 2/2003 (BRENTA) e del n. 63/2013 (GRUPPO DI BRENTA). Sono molto ricchi di informazioni. Allegata ad entrambe c’è una cartina 1:30.000 con la Via delle Bocchette in dettaglio (1:15.000) e con una sintetica descrizione dei sentieri principali del gruppo.

La cartina migliore (a mio parere), oltre alle due indicate prima, è quella della casa editrice TABACCO, foglio 53, DOLOMITI DI BRENTA (1:25.000).

 

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